L’argomento del “duello” intitolato “Il modello svedese del food tech ridefinisce l’industria food” ha visto contrapposti, come due moderni cow boy, il dottor Matteo Dispenza, di Italian Food tech project, e il dottor Francesco Castellana, di Future Food Institute.
Da una parte il dottor Dispenza con il suo fucile winchester carico con i proiettili dell’innovazione svedese del “food tech”, dall’altra il dottor Castellana con la sua colt con proiettili di innovazione e tradizione.
L’incontro è stato senza esclusione di colpi, il primo è stato esploso dal fucile del dottor Dispenza che ha illustrato come la locomotiva gialloblu stia trainando il mondo del food tech. Stoccolma, infatti, ha intenzione di ottenere dall’industria del cibo bene lo 0,8% del Pil nazionale, ben al di sopra di quanto ottenuto dall’industria dell’acciaio. Come in un moderno far west il mondo del food tech è costellato di sconfinate praterie da conquistare. Non esiste una definizione precisa del termine, quindi tutto rientra in questa enorme macro categoria; dalla produzione al packaging del cibo, tutto rientra nel food tech.
Se il primo colpo ha solo sfiorato il cappello del dottor Castellana, con l’altro colpo in canna il dottor Dispenza ha mirato al cuore. Johan Jorgensen, co fondatore della Sweden Foodtech, ha intenzione di rendere la Svezia la capitale mondiale del food tech. Tale settore copre il cibo a 360°, in questo modo le piccole medie imprese potrebbero facilmente investire in qualcosa di innovativo. Non essendoci limiti, al momento, qualsiasi cosa rientra in questa definizione, da un nuovo metodo di confezionamento del cibo, come l’acqua “edibile” resa possibile con una membrana che si ottiene dal pesce, a nuovi cibi, tutto è a portata di mano, basta allungarla e afferrare l’innovazione.
Mentre l’aria, nel Palazzo del Governatore di Parma, iniziava a vibrare a causa della tensione che riempiva la stanza, il dottor Castellana iniziava ad accarezzare la sua colt. Pronto da un momento all’altro ad esplodere il suo primo colpo. Ecco infatti la mano con un movimento veloce e deciso estrarre la pistola dal fodero di cuoio scuro. Il dito, con un movimento ancora più veloce, schiacciava il grilletto, che innescava gli ingranaggi del revolver. Dall’estrazione della pistola al momento in cui il cane colpiva il proiettile passò un lasso di tempo brevissimo. Al PIL di Stoccolma il dottor Castellena rispondeva con il Future Food Institute, che si componeva della parte d’insegnamento e di quella di ricerca.
C’è da dire che i proiettili nella colt del dottor Castellana non erano originariamente progettati per quella pistola, infatti inizialmente si sarebbero dovuti inserire in una pistola che poco e niente aveva a che fare col food. Il tutto ebbe inizio con viaggio negli Stati Uniti d’America, inseguendo il sogno di riportare nel Belpaese l’innovazione nel settore digitale. Ma come un illustre predecessore italiano giunse in America credendo di aver trovato una scorciatoia per le Indie, così anche il loro viaggio li aveva portati a scoprire altro da quello che si aspettavano. Non digitale, ma cibo, questo fu il consiglio degli americani, che da tempo studiavano quello italiano, infatti già con Ancel Keys avevano introdotto il concetto di dieta mediterranea.
Dal digitale al food fu questione di un attimo, i proiettili cambiarono loco e furono inseriti nella colt, che da allora il dottor Castellana portava alla sua cinta. Il primo proiettile, che sfiorò il poncho del dottor Dispenza, sibilò nell’aria di come tramite l’Italian Food Istitute era riuscita a far conoscere meglio il cibo italiano; non solo ad altri italiani ma anche agli stranieri, che tramite il corso erano divenuti ambasciatori del cibo tricolore.
A questo il dottor Dispenza rispose con una raffica di colpi, il cui suono che spaccava l’aria sembrava volesse dire che l’innovazione passava tramite le aziende che credevano nei giovani. Senza il connubio di esperienza e giovinezza tutto era difficile. L’esempio portato sul terreno del duello era semplice ma efficace. Il Vermut, inizialmente prodotto come eccellenza, curando ogni singolo passaggio, ma poi finito in flop, in quanto rimasto invenduto. Ma da ogni insuccesso può nascere una nuova speranza. Da quel fallimento tramite una rimodulazione dell’idea si era giunti a creare un Vermut “componibile”, poiché l’azienda vendeva un kit con i vari ingredienti e ognuno poteva dosarli come meglio credeva, per creare il suo personalissimo Vermut.
La colt del dottor Castellana non restò inerte a lungo. Ad innovazione rispose con innovazione. Al Vermut replicò, con un blind test a base ragù di grilli, fatto assaggiare durante una fiera a Bologna, a dimostrazione del fatto che l’innovazione non va mai criticata, poiché la tradizione non è altro che un’innovazione che perdura nel tempo.
Lo scontro non portò ferite gravi per nessuno, sul campo di battaglia non c’era sangue ma solo conoscenza, che gli astanti avevano fatta propria. I due contendenti si allontanarono da Palazzo del Governatore, mentre il sole tramontava e le loro ombre si allungavano sul terreno.
Se ho capito bene questo è stato detto, ovviamente è un po’ romanzato come racconto, ma perché non farlo? In fondo cibo e storytelling vanno di pari passo e questo “duello” non poteva essere raccontato se non con uno spaghetti western.
AUTORI: Tommaso Mauro, Chiara Visentin, Giulia Cuppini, Silvia Fiorini e Rolando Cervi