Comunicazione efficace: ascoltare prima di parlare
La comunicazione sui social media spesso rivela quanto questi siano contenitori di opinioni, stati d’animo e riflessioni in cui vige la regola non scritta della popolarità, che alla fine si traduce nel numero di like o di condivisioni che il nostro post produce. Alla base di ciò non risiede altro che il desiderio di accettazione tipico dell’essere umano rispetto ad ogni comunità e, sotto questo punto di vista, quella virtuale non fa eccezione: essere riconosciuti sui social, venire apprezzati e, attraverso il meccanismo della condivisione, poter essere popolari sulle bacheche amiche-e-non è sicuramente parte di una logica di branco vecchia quanto l’uomo.
Quella che però, a volte, assume i connotati di una deriva dell’uso dei social network, e in generale della rete, è la poca importanza che viene data alle regole fondamentali della comunicazione efficace: per far sì che un messaggio non sia una mera informazione, un passaggio neutro di contenuti, ma invece una comunicazione (ossia l’aggiunta di significato realizzata attraverso uno scambio tra le parti), è necessario porre assoluta attenzione al momento dell’ascolto.
L’ascolto è quella fase del processo di comunicazione in cui ci si mette nelle condizioni di recepire il vero significato del messaggio, cercando di arginare i meccanismi di filtro che involontariamente mettiamo in atto.
Nella comunicazione in rete, il modo in cui il messaggio è veicolato naturalmente cambia, ma la presenza di questo tipo di meccanismo rimane invariata.
La comunicazione nell’era 2.0: non alzare la voce
La comunicazione in rete non gode del supporto di elementi extra verbali (postura, tono, espressioni del viso etc.) spesso cruciali per una buona interpretazione del messaggio, e quindi si muove su un terreno più delicato e più propizio al fraintendimento. E’ necessario quindi non dimenticare che anche alla base della comunicazione virtuale c’è il rapporto tra due o più persone: qualsiasi messaggio è stato pensato, redatto e postato con intenzionalità e porta le tracce del suo creatore. Per questo chi si affaccia al mondo della comunicazione 2.0, qualunque sia il suo scopo, dovrà considerare prima di tutto l’effetto che il suo messaggio potrà produrre sul destinatario: verrà compreso? Rispetterà il codice non scritto ma imprescindibile della comunicazione etica? Siamo stati in grado di porre le condizioni per il suo ascolto? Sarà recepito come aggressivo o costruttivo?
Porsi queste e altre domande prima di pigiare il tasto “Invio” è il primo passo nel percorso della costruzione della nostra reputazione online. Se sapremo rispettare i nostri interlocutori, inizieremo a camminare su un terreno solido, mettendoci sempre più al riparo da scivoloni e cadute che di virtuale hanno ben poco, visto che il web ha ottima memoria. Inoltre, una volta impressa nella mente in maniera indelebile l’esistenza di un nostro simile (magari con la stessa tazza di caffè vicina al pc e mille post-it attaccati allo schermo), sarà anche utile ricordare di non sottovalutare l’ironia, una delle armi più affilate del linguaggio.
Quella che solitamente è una prerogativa del botta e risposta vis a vis, in rete rischia di tramutarsi nella più intricata fonte di fraintendimenti immaginabile. A poco servono emoticon ed esagerazione nell’uso della punteggiatura: quando l’ironia è sottile e rimanda ad altri concetti o a una sorta di conoscenza enciclopedica presumibilmente condivisa dagli utenti, è più difficile smascherarla e potersi così riassestare sul nuovo canale comunicativo aperto rispondendo a tono. Uno strumento utile, o meglio indispensabile, è proprio l’ascolto intenzionale, quell’ascolto profondo che non si limita alle parole, ma esamina il contesto, il tono e l’universo chiamati in gioco.
Per non rischiare di fare la fine dell’ex sindaco di Milano Moratti e del suo staff che, troppo presi nel rispondere a un messaggio su Twitter, non hanno avuto l’attenzione necessaria per leggere e comprendere l’ironia sottesa al post, diventando uno degli #epicfail più condivisi.
Non serve essere un guru nel social media strategist, ma è fondamentale avere una buona dose di buon senso e una grande capacità d’ascolto: doti -a quanto pare- sempre più rare.
Complimenti Cristina per il tuo articolo, molto chiaro ed efficace! C’è sempre chi vuole raccontare la propria storia, più difficile invece “mettersi nelle scarpe dell’altro” e capire tutto il suo contesto, come scrivi tu. Grazie