Prima c’era Giuseppe Verdi, il maestro, il compositore, il concittadino illustre che non potevi non conoscere. Poi è arrivato un Verdi dietro a un cancelletto e attaccato a un museo. E non è stata più la stessa cosa. Adesso c’è #VerdiMuseum. E siamo andati oltre.
Sì, perché per spiegare cos’è un museo diffuso non ti bastano le parole. Devi viverlo da dentro. Devi costruirlo giorno dopo giorno, post dopo post, immagine dopo immagine, tag dopo tag, condivisione dopo condivisione, “mi piace” dopo “mi piace”, retweet dopo retweet, pin dopo pin. Fino a quando non ti squilla il cellulare e vedi che ti sta chiamando proprio lui, Giuseppe Verdi: #VerdiPhone
Ma sai già che è solo l’inizio. Che non puoi (non vuoi) tirarti indietro. E non solo perché Verdi è un tuo illustre concittadino. Non solo perché quando hai iniziato a studiare pianoforte prima veniva il Maestro e poi tutti gli altri. Non solo perché tua madre ti canta fin da quando eri bambino le arie più celebri del Cigno di Busseto. Non solo perché tutte le volte che sei al Tardini è la Marcia Trionfale dell’Aida che accompagna in campo le squadre.
C’è di più. La curiosità, l’interesse, la voglia di scoprire, di metterti in gioco, di conoscere. La voglia di far parte di un progetto moderno ma con solide basi nella storia, nella tradizione. Un’idea che nasce dal basso e si sviluppa a trecentosessanta gradi senza più confini geografici, musicali, senza limiti. Un museo cui tutti – in base alle proprie esperienze – possono contribuire.
È bello rendersi conto che Giuseppe Verdi, a duecento anni dalla nascita, è ancora capace di aggregare. Di unire appassionati di lirica, storici, turisti, amministratori pubblici, manager, politici, giornalisti, grafici, videomaker, blogger e chiunque abbia voglia di condividere un’esperienza, una foto, un pensiero, un ricordo…
Verdi non è più solo un concittadino illustre. È anche un po’ parte di me. Perché #VerdiMuseum è per tutti, #VerdiMuseum è di tutti.
Sembra proprio un progetto appassionante!